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Gli afroamericani hanno inventato la batteria e il banjo; hanno ridato nuova vita a strumenti ingiustamente trascurati dalla musica classica, come il contrabbasso, il sassofono, la tromba; hanno creato nuovi ruoli per il clarinetto e per la chitarra. Con il pianoforte è stata tutta un'altra storia. Quando, alla fine dell'Ottocento, i primi musicisti di colore ebbero l'occasione di percuotere i tasti bianchi e neri, lo strumento aveva già alle spalle almeno un secolo e mezzo di illustre carriera, che ne aveva fatto il principe delle sale da concerto. Qui non si trattava di inventare o reinventare, bensì di fare i conti con un vero e proprio monumento della tradizione europea. Che per di più, con le sue note dell'intonazione fissa, poco si prestava alle sottigliezze di emissione e di pronuncia tipiche delle musiche di origine africana. L'evoluzione del pianoforte nel jazz è dunque una continua sfida: con le possibilità espressive dello strumento e con la sua stessa storia. Questo libro intende raccontarla attraverso le personalità di alcuni grandi maestri, inquadrati all'interno del proprio contesto storico e stilistico; ne viene illustrato il modo in cui hanno affrontato e risolto le sfide proposte dallo strumento, esaminando l'influsso sui musicisti che insieme a loro hanno scritto la storia del jazz.